Tratto dal libro “Caccia alla lepre con il segugio” di Nando Armani Editrice Il Falcone
Addestramento caccia e prove, cenni sul comportamento della lepre sulla caccia al cinghiale.
Il libro stampato nel 1976 riportava già da Nando Armani una serie di riflessioni che il tempo non ha mai cancellato, forse modificato a causa di variazioni territoriali, ma i concetti sono sempre alla base del segugismo
La lepre è un selvatico che si sa ben adattare a qualsiasi natura del terreno e ad ogni coltivazione agricola; in ogni ambiente la sua caccia è sempre affascinante, sia si tratti delle monotone distese delle stoppie di riso, sia sui colli fitti di vigne. Ho cacciato qualche volta in Lomellina al tempo delle «paglie» (così vengono denominate le stoppie di riso) ed ho potuto constatare direttamente le notevoli difficoltà offerte da quel terreno. La lepre batte con frequenza gli arginelli dei solchi tracciati per l’irrigazione cibandosi di quelle erbe che sono cresciute al di fuori della piantagione e quindi dell’acqua; si sposta utilizzando spessissimo le carraie e le stradette e te la vedi schizzar all’improvviso come un folletto dai solchi tracciati dai trattori o dai ciuffi di riso rimasti qua e là coricati e sfuggiti alla barra falciante o nelle cosiddette «bocche da riso». Mi si domanda spesso quali potrebbero essere i cani più adatti a questo tipo di caccia, quali caratteristiche dovrebbero avere e qual’è il sistema di lavoro più redditizio.
Il grande cane è un inventore, un improvvisatore ed è quindi impossibile definire in poche parole quali siano le caratteristiche che lo contraddistinguono, qual’è cioè il suo metodo di lavoro; infatti la sua versatilità lo spinge proprio di volta in volta, a seconda del bisogno, ad assumere un comportamento diverso in funzione del terreno e delle circostanze di valutazione.
L’articolo prosegue a pagina 53 del numero 30 di Lepre, Cani e Caccia attualmente in edicola.