Convegno
IL GRANO DURO NELLE MARCHE GLI STRUMENTI A SOSTEGNO DELLA FILIERA
5 GIUGNO 2024 – ORE 10:00
SALA PASQUALE MACCHI, PIAZZA DELLA MADONNA, LORETO (AN)
Modera Antonio Pascale
Convegno
IL GRANO DURO NELLE MARCHE GLI STRUMENTI A SOSTEGNO DELLA FILIERA
5 GIUGNO 2024 – ORE 10:00
SALA PASQUALE MACCHI, PIAZZA DELLA MADONNA, LORETO (AN)
Modera Antonio Pascale
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11 – 12 – 13 MAGGIO 2024
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Sabato (9:00-18:00);
Domenica (9:00-17:00);
Lunedì (9:00-16:00)
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Il Consiglio di Stato ha confermato il divieto di caccia nei valichi montani della Lombardia, aree cruciali per le rotte migratorie degli uccelli, respingendo il ricorso della Regione Lombardia che mirava a ribaltare una precedente sentenza del TAR. Quest’ultima aveva imposto la protezione di questi valichi, seguendo una decisione della Corte Costituzionale, e aveva assegnato a Maria Siclari, direttrice generale dell’ISPR, il compito di supervisionare l’attuazione del divieto. Nonostante il sostegno di varie associazioni venatorie, la Regione non è riuscita a dimostrare che la caccia potesse effettivamente contribuire a controllare la diffusione della peste suina africana, come sostenuto nel loro appello.
La Giunta regionale della Toscana ha segnato un importante passo avanti nella tutela dei diritti degli animali con l’approvazione definitiva di un regolamento che vieta di tenere i propri cani legati alla catena per qualsiasi periodo di tempo. Questa decisione, che entra in vigore immediatamente, estende il divieto a tutto l’anno, eliminando la precedente normativa del 2011 che consentiva la custodia dei cani alla catena, seppur con limitazioni, fino a un massimo di sei ore al giorno e solo con catene di lunghezza minima di sei metri.
La modifica apportata al regolamento rafforza il quadro normativo toscano in materia di protezione degli animali, ponendo fine a una pratica che, nonostante fosse regolamentata, non offriva una definizione chiara e univoca delle “circostanze eccezionali” in cui era consentita, lasciando così margine a interpretazioni soggettive e a possibili abusi.
Con questa mossa, la Toscana si allinea a una tendenza già in atto in altre regioni italiane, tra cui Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Puglia e la provincia autonoma di Trento, che hanno già introdotto normative simili per garantire il benessere degli animali. Questo fa emergere una crescente consapevolezza a livello regionale sul tema, benché manchi ancora una legge nazionale che uniformi il divieto su tutto il territorio italiano.
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha sottolineato l’importanza della nuova normativa, definendola una “norma di civiltà” e evidenziando come la pratica di tenere i cani alla catena possa avere gravi ripercussioni sul loro sviluppo fisico e psicologico. Anche l’assessore al diritto alla salute, Simone Bezzini, ha espresso il proprio favore, rilevando come il divieto contribuirà significativamente al miglioramento del benessere degli animali.
Questa decisione rappresenta un significativo passo avanti nella promozione di una società più attenta e sensibile verso le esigenze e i diritti degli animali, riflettendo un impegno condiviso verso pratiche più etiche e rispettose del benessere animale.
La gestione della fauna selvatica e l’equilibrio ambientale sono argomenti di cruciale importanza per l’agricoltura e la sicurezza pubblica, soprattutto nelle regioni italiane dove la presenza di cinghiali e altri ungulati rappresenta una sfida continua. Recentemente, le Marche hanno trovato al centro dell’attenzione a causa di una significativa sentenza del Tar e dell’imminente discussione in II Commissione regionale di una proposta di legge (pdl) sulla caccia. Questa situazione offre una preziosa opportunità per riflettere sulla gestione della fauna selvatica e sull’importanza di trovare un equilibrio tra le necessità agricole e la conservazione degli ecosistemi.
Il Tar delle Marche ha emesso una sentenza che, pur confermando la validità del Piano di Controllo del Cinghiale per il quinquennio 2018-2023, ha escluso l’uso della braccata come tecnica di selezione, limitando le squadre a operare con un solo cane. Coldiretti Marche ha espresso perplessità su questa decisione, sottolineando come essa potrebbe complicare gli sforzi volti al controllo efficace della popolazione di cinghiali, notoriamente responsabili di significativi danni all’agricoltura e alla sicurezza stradale nella regione.
Di fronte alla scadenza del Piano contestato e alla criticità della sentenza, Coldiretti Marche punta sull’importanza di concentrarsi sul nuovo Piano di Controllo e sulla proposta di legge in discussione, che include tra le varie misure una riforma degli Ambiti Territoriali di Caccia (Atc). L’organizzazione agricola sostiene la necessità di un regolamento unificato per tutti gli Atc, in modo da superare le frammentazioni e le inefficienze gestionali passate che hanno condotto a commissariamenti e a una gestione discutibile degli equilibri ambientali.
Coldiretti Marche sottolinea l’importanza di attuare un controllo costante e responsabile sulla popolazione di cinghiali, con l’obiettivo di preservare l’equilibrio ambientale e ridurre i danni all’agricoltura. La proposta è quella di rendere le squadre operative responsabili nel raggiungere gli obiettivi di abbattimento stabiliti, un approccio che potrebbe contribuire significativamente alla soluzione del problema.
La presenza eccessiva di cinghiali ha causato danni ingenti all’agricoltura nelle Marche, con l’abbandono di coltivazioni importanti e redditizie a causa del rischio elevato di incursioni. Questa situazione ha effetti non solo economici, ma anche ecologici, influenzando la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi. Inoltre, la sicurezza stradale è messa a rischio dalla frequente presenza di ungulati sulle strade, con un numero significativo di incidenti gravi registrati nella regione.
La situazione nelle Marche riflette una sfida più ampia che riguarda il delicato equilibrio tra le attività umane, la conservazione della fauna selvatica e la protezione degli ecosistemi. La sentenza del Tar e la discussione sulla nuova proposta di legge sulla caccia rappresentano momenti cruciali per ridefinire gli approcci alla gestione della fauna selvatica, richiamando l’attenzione sull’importanza di politiche e pratiche di controllo responsabili e sostenibili. Sarà fondamentale un impegno collettivo tra istituzioni, associazioni ambientaliste e agricole, e la comunità regionale, per garantire un futuro in cui l’equilibrio ambientale e le necessità agricole possano coesistere armoniosamente.
L’Assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, Alessio Mammi, ha sollecitato il Governo a dichiarare lo stato di calamità naturale in risposta all’emergenza rappresentata dalla Peste Suina Africana (PSA). Mammi ha ribadito l’importanza di un coinvolgimento forte del territorio e ha espresso preoccupazione per gli effetti economici che la diffusione del virus potrebbe avere sulle aziende agricole.
Nell’incontro a Piacenza con rappresentanti di enti locali, associazioni agricole e industriali, Mammi ha evidenziato la necessità di un intervento immediato da parte del Governo per fornire sostegno alle produzioni colpite dalla PSA. A tal fine, è stata inviata una lettera ai Ministri Orazio Schillaci e Francesco Lollobrigida, nella quale si chiede la dichiarazione di stato di calamità naturale.
La dichiarazione di stato di calamità naturale consentirebbe alle aziende agricole e agli allevamenti nelle zone colpite di accedere a benefici fiscali previsti dalla legge, tra cui agevolazioni e sospensioni dei mutui, nonché misure di sostegno per i lavoratori del settore.
Tra le misure proposte per affrontare l’emergenza, l’istituzione del ruolo di subcommissari regionali tra gli assessori delle Regioni interessate, al fine di gestire procedure amministrative straordinarie mirate al contenimento del cinghiale, animale spesso coinvolto nella diffusione della PSA.
La Regione Emilia-Romagna ha già avviato diverse iniziative per contrastare la diffusione del virus, tra cui il potenziamento dei livelli di biosicurezza negli allevamenti e nelle aziende, nonché la strategia di riduzione della popolazione di cinghiali nelle aree critiche. Inoltre, è stato rinnovato l’accordo con le Polizie Provinciali e sono stati approvati finanziamenti per un totale di 900 mila euro destinati alla riduzione dei cinghiali e al contenimento della PSA sul territorio regionale.
La Regione Toscana ha risposto positivamente alle richieste avanzate da Arci Caccia, consentendo il rinnovo annuale degli appostamenti fissi sia in modalità cartacea che attraverso il portale RT Caccia. In un’ottica di flessibilità e adattamento alle esigenze degli appassionati di caccia, la Regione ha annunciato un periodo transitorio che permetterà la presentazione delle istanze anche in modalità cartacea fino al 31 marzo 2024, offrendo così un’opzione aggiuntiva per il rinnovo.
La Regione Toscana, in seguito alle richieste avanzate da Arci Caccia, ha deliberato di consentire il rinnovo annuale degli appostamenti fissi sia tramite il tradizionale metodo cartaceo che attraverso il portale RT Caccia. Questa decisione riflette la volontà di adattare le pratiche burocratiche alle esigenze della comunità di cacciatori, garantendo al contempo una transizione graduale verso la modalità telematica.
Priorità alla Modalità Telematica
La Regione sottolinea che, a partire dal primo febbraio, l’istanza di rinnovo degli appostamenti fissi dovrebbe essere presentata prioritariamente in modalità telematica attraverso il portale RT Caccia. Questo approccio mira a semplificare le procedure e a ottimizzare l’efficienza amministrativa.
Periodo Transitorio per la Modalità Cartacea
Riconoscendo la necessità di una transizione graduale, la Regione Toscana ha istituito un periodo transitorio che consentirà la presentazione delle istanze di rinnovo degli appostamenti fissi anche in modalità cartacea. Questa opzione sarà valida fino al 31 marzo 2024, offrendo un’opportunità aggiuntiva per coloro che preferiscono mantenere la tradizionale modalità di presentazione delle richieste.
In allegato il provvedimento della Regione: Decisione_n.6_del_22-01-2024
In una decisione senza precedenti, il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto ha prontamente sospeso la recentemente approvata rideterminazione del calendario venatorio 2023-2024, rispondendo alla richiesta cautelare avanzata dalla Lega per l’Abolizione della Caccia (LAC). La delibera, emessa dalla Giunta, ha riaperto la caccia a partire dal 24 gennaio fino al 31 gennaio, limitando l’attività venatoria alle sole specie di alzavola, codone e germano reale. Tuttavia, il Tribunale ha concesso la sospensiva, senza analizzare le motivazioni della Giunta, riconoscendo la presenza del periculum in mora e adottando il principio di precauzione, in risposta ai pregiudizi prospettati dall’Associazione LAC.
Il Tar del Veneto ha adottato una decisione rapida e incisiva, sospendendo la rideterminazione del calendario venatorio e riaprendo la caccia solo per le specie di alzavola, codone e germano reale. La sospensiva è stata concessa sulla base del periculum in mora, evidenziando la necessità di agire con prudenza e considerando i pregiudizi prospettati dalla Lega per l’Abolizione della Caccia. Nonostante la mancata analisi delle motivazioni della Giunta, il Tribunale ha prioritariamente risposto alla richiesta di sospensione cautelare avanzata dalla LAC, ritenendo necessario un approfondimento sulle implicazioni della delibera.
Le Specifiche della Delibera
La delibera della Giunta che ha innescato questa rapida reazione del Tribunale ha stabilito la riapertura della caccia per un periodo limitato, dal 24 al 31 gennaio, concentrando l’attività venatoria sulle specie di alzavola, codone e germano reale. Tuttavia, la decisione del Tribunale ha introdotto un ulteriore dettaglio significativo: il carniere per la caccia al germano è stato limitato a soli tre capi per cacciatore. Questa limitazione mira a bilanciare l’attività venatoria con una maggiore attenzione alla gestione delle specie.
Il Principio di Precauzione e la Posizione della LAC
La decisione del Tribunale ha chiaramente sottolineato l’importanza del principio di precauzione nel prendere decisioni che potrebbero influenzare l’ecosistema e le specie selvatiche. La Lega per l’Abolizione della Caccia ha avanzato la richiesta cautelare, sostenendo che la delibera della Giunta avrebbe potuto comportare pregiudizi significativi per la fauna selvatica. Il Tribunale ha riconosciuto la validità di tali argomentazioni, enfatizzando la necessità di approfondire la questione prima di procedere con la rideterminazione del calendario venatorio.
La sospensione record della rideterminazione del calendario venatorio da parte del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto riflette la delicatezza delle decisioni legate alla gestione della fauna selvatica. La decisione, in risposta alla richiesta cautelare della Lega per l’Abolizione della Caccia, pone in evidenza l’importanza del principio di precauzione nella tutela degli equilibri naturali. Ora, sarà interessante seguire gli sviluppi futuri e gli approfondimenti sulle motivazioni della Giunta, nel contesto di una gestione sostenibile della caccia e della fauna selvatica.
La Giunta Regionale della Campania ha emesso un avviso urgente che modifica il Calendario Venatorio 2023-2024, rispondendo all’ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania. L’ordinanza, emanata il 10 ottobre 2023 dal Presidente della Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale, ha stabilito la chiusura della caccia al tordo sassello e cesena entro il 10 gennaio 2024.
Questa decisione è stata presa in conformità con la disposizione giuridica n. 1721/2023, che ha allineato la data di chiusura per tordo sassello e cesena a quella precedentemente fissata per il tordo bottaccio. Tale allineamento comporta la chiusura simultanea di tutte e tre le specie entro il 10 gennaio 2024. La Giunta Regionale ha emesso l’avviso urgente per garantire l’adeguamento del Calendario Venatorio in risposta alla decisione del Tribunale Amministrativo Regionale.
In data 22 dicembre, la Giunta dell’Emilia Romagna ha adottato una modifica al Calendario Venatorio 2023-2024, conformandosi alle disposizioni emesse dal TAR. A seguito di tale decisione, è stato necessario prendere atto dell’Ordinanza del TAR datata 7 settembre 2023, che ha accolto parzialmente una richiesta cautelare avanzata dall’Associazione Lega per L’Abolizione della Caccia (LAC).
L’Ordinanza ha stabilito l’apertura della caccia per alcune specie a partire dal 1° ottobre 2023, con chiusura secondo le indicazioni fornite dal parere ISPRA. Inoltre, ha limitato a una sola giornata aggiuntiva di caccia nei mesi di ottobre e novembre 2023.
Di conseguenza, la Giunta Regionale ha preso la decisione di adeguare le date di chiusura della stagione venatoria per le specie migratrici coinvolte nel contenzioso, rispettando quanto indicato nel parere di ISPRA. Le nuove date di chiusura della caccia sono le seguenti:
– Germano reale, Canapiglia, Fischione, Codone, Mestolone, Marzaiola, Folaga, Gallinella d’acqua, Porciglione, Beccaccino, Frullino: chiusura il 20 gennaio 2024
– Beccaccia: chiusura il 31 dicembre 2023
– Cesena, Tordo bottaccio, Tordo sassello: chiusura il 10 gennaio 2024
L’adeguamento delle date riflette l’impegno della Regione nell’aderire alle disposizioni legali e nel rispetto delle decisioni giuridiche, garantendo nel contempo la gestione sostenibile della fauna nella regione.